Settembre 2012
I NUOVI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE
NEL DECRETO “CRESCITA” DEL 2012
Una finanza d’impresa più europea per le PMI italiane
Introduzione
Tra le caratteristiche strutturali del sistema economico italiano si evidenziano storicamente la numerosità delle piccole e medie imprese (PMI) e l’elevato tasso di risparmio delle famiglie. Esse sono state a lungo punti di forza del Paese, ma oggi presentano alcuni elementi di criticità, che potenzialmente indeboliscono il circuito finanziario “risparmio-investimenti”.
Con riferimento alle PMI, dalla Relazione Annuale della Banca d’Italia del 2012 emerge infatti che, per il complesso delle imprese italiane, rispetto a quelle dell’eurozona:
- il leverage (rapporto tra debiti finanziari e la somma tra debiti finanziari e patrimonio netto) nel 2011 è stato ben più elevato rispetto (48,0% contro 43,9%);
- l’incidenza dei prestiti bancari sui debiti finanziari è stata di oltre 20 punti percentuali in più (70% contro 49,5%); per le imprese italiane, essa è rimasta, sostanzialmente invariata negli ultimi anni, mentre invece si è ridotta per la media diquelle dell’eurozona, anche per il loro maggior ricorso al mercato obbligazionario.
Questa dipendenza dal finanziamento bancario delle imprese italiane si è tradotta, negli ultimi anni, in una crescita dell’incidenza degli oneri finanziari netti sul Margine Operativo Lordo da circa il 16% nel 2001 a circa il 21% nel 2011, contribuendone quindi a comprimere la redditività.
Con riferimento alle famiglie, nonostante la tendenza alla riduzione della propensione al risparmio in Italia (dal 15,0% del 2005 al 9,2% del primo trimestre 2012), il livello delle attività finanziarie sul reddito disponibile si è mantenuto su percentuali più elevate rispetto ai principali Paesi dell’Area euro e inferiore solo al Regno Unito. Nella composizione delle attività finanziarie si evidenzia però che le riserve assicurative e previdenziali[1] hanno una minore incidenza in Italia (2011: 19,1%) rispetto sia all’Area euro (31,5%) sia rispetto al Regno Unito (53,1%).
Riuscire a convogliare una quota di questo risparmio verso la previdenza integrativa e, tramite queste, verso le piccole e medie imprese consentirebbe perciò all’Italia di iniziare a colmare questo gap con tali Paesi.
Nell’ambito di tale contesto, il “DL Crescita[2]”, con l’art. 32 (Nuovi strumenti di finanziamento per le imprese) si pone l’obiettivo di “allineare le opportunità finanziarie del sistema nazionale a quelle offerte da più avanzati sistemi industriali e finanziari europei” e di creare “un circuito di intermediazione diretto tra risparmio e investimento, per indirizzare stabilmente parte delle risorse raccolte a lungo termine (previdenza, accumulazione, investimento) verso il sistema produttivo delle PMI nazionali”.
In tal modo si intende rimuovere gli ostacoli normativi che finora hanno impedito alle PMI di poter concretamente fare ricorso al mercato dei capitali tramite titoli di debito, agevolando l’emissione di cambiali finanziarie (a breve termine) e di prestiti obbligazionari (a medio e lungo termine) da parte PMI non quotate.
La diffusione di questi strumenti consentirebbe inoltre ai gruppi bancari italiani di migliorare i propri ratios patrimoniali, riducendo quindi il rischio di credit crunch nei confronti delle imprese.
Per la classificazione dimensionale, si fa riferimento alla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione Europea del 6 maggio 2003, riportate nella Tab. 1.
Tab. 1 Classificazione comunitaria delle dimensioni delle imprese
Dipendenti |
Fatturato annuo |
Totale di bilancio |
|
Medie |
< 250 |
≤ € 50 mln |
or≤€ 43 mln |
Piccole |
< 50 |
≤ € 10 mln |
or≤ € 10 mln |
Micro |
< 10 |
≤ € 2 mln |
or≤€ 2 mln |
Nota: Dipendenti: effettivi, in termini di unità lavorative-anno (ULA)
Cambiali finanziarie
L’art. 32 richiama la legge sulla cambiale finanziaria[3](LCF), strumento che ha però avuto importi emessi molto limitati, e vi apporta (commi 5,5-bis e 7) sostanziali modifiche.
La durata ammessa deve essere non inferiore a 1 mese e non superiore a 36 mesi, a partire dalla data di emissione, in luogo dei precedenti 3-12 mesi.
Le cambiali finanziarie possono essere emesse da società di capitali nonché da società cooperative e mutue assicuratrici diverse dalle banche e dalle micro-imprese (vedi Tab. 1).
Le società e gli enti non aventi titoli rappresentativi del capitale negoziati in mercati regolamentati o non regolamentati[4] possono emettere cambiali finanziarie subordinatamente alla presenza dei seguenti requisiti:
a) l’emissione deve essere assistita da un sponsor, che affianca l’emittente nella procedura di emissione dei titoli e lo supporta nella fase di collocamento dei titoli stessi;
b) lo sponsor mantiene nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi, secondo le percentuali descritte nella Tab. 2;
c) l’ultimo bilancio deve essere certificato da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili;
d) le cambiali finanziarie devono essere emesse e girate esclusivamente in favore di investitori[5] professionali che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente; il collocamento presso investitori professionali in rapporto di controllo con il soggetto che assume il ruolo di sponsor è disciplinato dalle norme vigenti in materia di conflitti di interesse.
Tab. 2 Detenzione da parte dello sponsor
|
Importo emissione (scaglioni) |
Quota dei titoli emessi |
|
Esempio su emissione da € 11 mln |
|
1 |
≤ 5 |
≥5% |
Pari a € 250.000 |
||
2 |
> 5 e ≤ 10 |
≥3% |
In aggiunta alla quota fino a € 5 mln |
Pari a € 150.000 |
€ 400.000 |
3 |
>10 |
≥2% |
In aggiunta alle quote precedenti |
Pari a € 20.000 |
€ 420.000 |
Importi in € mln
Per agevolare l’accesso al mercato del reddito fisso la disciplina ha quindi previsto che le PMI siano affiancate da un sponsor sia in fase di emissione sia nella successiva fase di vita del titolo, che rappresenti il trait d’union tra queste e gli investitori istituzionali, italiani ed esteri.
Il ruolo di sponsor può essere ricoperto da banche, imprese di investimento, società di gestione del risparmio (SGR), società di gestione armonizzata o società di investimento a capitale variabile (SICAV), purché con succursale costituita nel territorio della Repubblica.
Lo sponsor:
- deve segnalare, per ciascun emittente, se l’ammontare di cambiali finanziarie in circolazione è superiore al totale dell’attivo corrente[6], come da ultimo bilancio approvato;
- classifica l’emittente al momento dell’emissione, distinguendo almeno cinque categorie di qualità creditizia dell’emittente, ottima, buona, soddisfacente, scarsa e negativa, da mettere in relazione, per le operazioni garantite, con i livelli di garanzia elevata, normale o bassa. Lo sponsor rende pubbliche le descrizioni della classificazione adottata.
In merito alla presenza e agli obblighi dello sponsor, sono previste tre importanti eccezioni: introdotte come nuovi commi dell’art.1 della LCF:
- le società diverse dalle PMI possono rinunciare alla nomina dello sponsor;
- si può derogare agli obblighi di detenzione di titoli da parte dello sponsor, qualora l’emissione sia assistita, in misura non inferiore al 25 per cento del valore di emissione, da garanzie prestate da una banca o da un’impresa di investimento, ovvero da un consorzio di garanzia collettiva dei fidi per le cambiali emesse da società aderenti al consorzio;
- per un periodo di 18 mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione, è possibile derogare all’obbligo di certificazione del bilancio, se l’emissione è assistita, in misura non inferiore al 50% del valore di emissione, da garanzie prestate da una banca o da un’impresa di investimento, ovvero da un consorzio di garanzia collettiva dei fidi, per le cambiali emesse da società aderenti al consorzio. In tal caso la cambiale non può avere durata superiore al predetto periodo di diciotto mesi.
Sotto il profilo pratico, anche se non formalmente previsto, è molto probabile che tali garanzie sia sempre prestate dallo sponsor, che meglio conosce la solvibilità dell’emittente.
Le condizioni sopra elencate sono finalizzate:
- a offrire un presidio al profilo di rischiosità dell’emittente; una rappresentazione infedele o anche solo inesatta della rischiosità esporrebbe lo sponsor ad un rischio reputazionale che ne danneggerebbe la posizione competitiva sul mercato;
- a fare in modo che questi titoli, emessi da società di limitata dimensione e/o con informativa pubblica inferiore rispetto a quella delle società quotate, che sono accessibili alla generalità dei risparmiatori, possano essere inseriti solo nei portafogli di quegli investitori maggiormente in grado di valutarne il rischio.
Infine, per agevolarne la circolazione, le cambiali finanziarie possono essere “dematerializzate”, avvalendosi di una società autorizzata alla prestazione del servizio di gestione accentrata di strumenti finanziari in base al TUF[7]e seguendo una procedura descritta al comma 7 dell’art. 32.
Obbligazioni
Con l’eccezione della disciplina fiscale, l’art. 32 interviene con modifiche sulle emissioni obbligazionarie in modo meno organico rispetto a quanto fatto per le cambiali finanziarie, per le quali ha modificato l’originaria L. 43/1993.
Il comma 16 replica il nuovo comma 5–bis in materia di sponsor, che è tenuto a partecipare al rischio patrimoniale dello strumento finanziario mantenendo nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi nelle proporzioni riportate nella Tab. 2.
Il comma non risulta coordinato con alcuna altra norma e, soprattutto, non ripete per le obbligazioni le altre funzioni, diverse da quella delle quote da mantenere in portafoglio, previste per lo sponsor delle cambiali finanziarie.Tali funzioni, quindi, possono essere identificate solo per analogia con le cambiali finanziarie, ma diventa difficile addebitare al singolo sponsor i medesimi obblighi.
Il DL prevede poi, con l’art.26, l’ampliamento per le società per azioni delle possibilità di superamento del limite generale previste dall’art.2412, modificandone il comma 5.
In base a ciò i limiti non si applicano alle emissioni di obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni. In precedenza la deroga si applicavano solo alle emissioni di obbligazioni effettuate da società con azioni quotate su mercati regolamentati, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate negli stessi o in altri mercati regolamentati.
Trattamento fiscale
Vengono rimosse alcune delle penalizzazioni all’emissione di titoli a reddito fisso da parte di imprese non quotate:
- i limiti di deducibilità degli interessi passivi[8] su obbligazioni e cambiali finanziarie, emesse dalle società “a ristretta base sociale”[9] non si applicano più nei casi in cui siano sottoscritte da investitori qualificati che non siano, anche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, direttamente o indirettamente soci dell’emittente; in assenza di tali previsioni, infatti, se il tasso di rendimento effettivo di titoli di debito delle società a ristretta base sociale, al momento dell’emissione, è superiore al Tasso Ufficiale di Riferimento aumentato di due terzi, la quota di interessi passivi eccedente l’importo derivante dall’applicazione di quest’ultimo tasso è indeducibile per la società emittente;
- al fine di rendere i titoli in esame interessanti anche per gli investitori esteri, la combinazione dei comma 9 e 10 modifica l’art.1 comma 1 del D. Lgs 1/4/1996 n. 239, per cui la ritenuta del 20%, di cui all’art.26 comma 1 DPR 29/9/1973 n.600, non si applica sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni, delle cambiali finanziarie e titoli similari emessi oltre che dai i cd “grandi emittenti”[10], anche da società diverse dai grandi emittenti. Per queste ultime, in base al comma 10, la disposizione di cui al comma 9 si applica per i titoli emessi a decorrere dalla data di entrata in vigore del DL.
Infine il comma 7, prevede che le cambiali finanziarie siano esenti dall’imposta di bollo di cui al DPR 26 ottobre 1972, n. 642, ferma restando comunque l’esecutività del titoli e il comma 13 dispone che le spese di emissione degli strumenti di cui all’art. 32 sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute, indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio.
Gli investitori
L’art. 32, nell’identificare gli investitori cui viene riconosciuto un trattamento di favore nel caso di sottoscrizione e/o negoziazione dei titoli in esame, fa riferimento, con due definizioni formalmente differenti, a “investitore professionale”, quando delimita i soggetti in favore dei quali possono essere emesse/girate le cambiali finanziarie ovvero a “investitore qualificato”, quando prevede che i limiti di deducibilità degli interessi passivi sui titoli di debito emessi dalla società “a ristretta base sociale”[11] non si applichino se obbligazioni e cambiali finanziarie sono sottoscritte da tali investitori.
Tenuto conto del contesto, in questa sede si preferisce dare rilevanza alladefinizione di “investitore qualificato”, che si riferisce a:
- i clienti professionali privati[12], cioè intermediari abilitati, investitori istituzionali e società che presentano almeno due dei seguenti requisiti dimensionali:
- totale di bilancio: € 20 mln,
- fatturato netto: € 40 mln
- fondi propri: € 2 mln;
- i clienti professionali pubblici[13]: il Governo della Repubblica e la Banca d’Italia.
Il riconoscimento dello status di “cliente professionale” può avvenire, per entrambe le suddette categorie “di diritto” o “a richiesta”, secondo procedure previste dagli specifici regolamenti della CONSOB e del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Da tali definizioni emerge che la platea dei potenziali interessati risulta abbastanza ampia. Tuttavia data la difficoltà a valutare compiutamente gli emittenti e la probabile limitata liquidità dei titoli, gli investitori saranno probabilmente circoscritti ai “clientiprivati professionali di diritto”.
ULTERIORI CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI
Le obbligazioni emesse da società non emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese, possono prevedere clausole di partecipazione agli utili d’impresa e di subordinazione, purché con scadenza iniziale uguale o superiore a 36 mesi (comma 19 e seguenti).
Per loro natura questi strumenti rafforzano la tutela dei creditori commerciali ed ordinari senza ricorrere alla raccolta di nuovo capitale azionario, che potrebbe alterare gli equilibri del nucleo proprietario imprenditoriale.
La clausola di subordinazione definisce i termini di postergazione del portatore del titolo ai diritti degli altri creditori della società, ad eccezione dei sottoscrittori del solo capitale sociale. Le emissioni di obbligazioni subordinate rientrano tra le emissioni obbligazionarie e ne rispettano i limiti massimi fissati dalla legge.
La clausola di partecipazione agli utili regola la parte del corrispettivo spettante all’obbligazionista, commisurandola al risultato economico dell’impresa emittente.
Nello specifico, il titolo prevede che tale corrispettivo sia composto da:
- una parte fissa, rappresentata da un tasso di interesse che non può essere inferiore al Tasso Ufficiale di Riferimento pro-tempore vigente;
- una parte variabile, commisurata al risultato economico dell’esercizio, nella percentuale indicata all’atto dell’emissione, che la società emittente titoli partecipativi si obbliga a versare annualmente al soggetto finanziatore, entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio. Tale somma e’ proporzionata al rapporto tra obbligazioni partecipative in circolazione e capitale sociale, aumentato della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato.
Le regole di calcolo della parte variabile:
- sono fissate all’atto dell’emissione;
- non possono essere modificate per tutta la durata dell’emissione;
- sono dipendenti da elementi oggettivi;
- non possono discendere, in tutto o in parte, da deliberazioni societarie assunte in ciascun esercizio di competenza.
La variabilità del corrispettivo riguarda la remunerazione dell’investimento e non si applica al diritto di rimborso in linea capitale dell’emissione.
Qualora l’emissione con clausole partecipative contempli anche la clausola di subordinazione e comporti il vincolo a non distribuire capitale sociale, se non nei limiti dei dividendi sull’utile d’esercizio, la componente variabile del corrispettivo costituisce oggetto di specifico accantonamento per onere nel conto dei profitti e delle perdite della società emittente, rappresenta un costo e, ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi, è deducibile dal reddito dell’esercizio di competenza imponibile ai fini IRES, in deroga all’art. 109 lettera a) del TUIR. Ad ogni effetto di legge gli utili netti annuali si considerano depurati da detta somma (comma 24).
La parte variabile del corrispettivo non è soggetta alla legge del 7 marzo 1996, n. 108, cioè alla disciplina “anti-usura” (comma 25).
La previsione delle clausole di partecipazione agli utili d’impresa e di subordinazione consente alla società emittente di ricorrere a forme di finanziamento intermedia tra il capitale di debito e il capitale di rischio. A fronte di questa provvista l’emittente potrà migliorare la sua struttura finanziaria senza rinunciare a quote di capitale e avrà la facoltà di non distribuire utili, in caso di specifiche situazioni o esigenze aziendali, ovvero di non riconoscere all’obbligazionista la componente variabile del corrispettivo.
E’ ragionevole aspettarsi che la remunerazione attesa delle obbligazioni subordinate e/o partecipative sia superiore a quella di un’obbligazione ordinarie, stante il loro maggiore profilo di rischio.
[1] Riserve tecniche di assicurazione, fondi pensione e fondi di quiescenza.
[2] Decreto Legge 22 giugno 2012 n. 83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”
[3] Legge 13 gennaio 1994, n. 43, Disciplina delle cambiali finanziarie.
[4]Viene stranamente adottata le definizione “in mercati regolamentati e non regolamentati” in luogo della più precisa “quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione”, adottata invece in diversi commi successivi.
[5] Per la definizione di “investitori” vedi il successivo paragrafo “Gli investitori”
[6]Cioè l’importo delle attività in bilancio con scadenza entro l’anno dalla data di riferimento del bilancio.
[7] Decreto Legislativo 24 febbraio 1998 n. 58 Testo Unico della Finanza (TUF).
[8] Cfr. art. 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
[9]Cioè, secondo il comma 8, le società non emittenti strumenti finanziari rappresentativi del capitale quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese.
[10]Sono definiti “grandi emittenti”: banche, società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell’Unione Europea e dello Spazio Economico Europeo, enti pubblici economici trasformati in società per azioni in base a disposizioni di legge.
[11] Cfr. art. 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
[12] Si tratta di quelli che soddisfano i requisiti di cui all’Allegato n. 3 del Regolamento Intermediari della CONSOB dicui alla Delibera 16190 del 29/10/2007.
[13] Si tratta di quelli che soddisfano i requisiti di cui al regolamento emanato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze ai sensi dell’articolo 6, comma 2-sexies del Testo Unico (Decreto 11/11/2011, n.236)